Analisi critica del progetto di riqualificazione di piazza Mazzini approvato dalla giunta
Il progetto dello studio Abacus approvato dall’amministrazione comunale rappresenta una grave occasione persa per un serio e ponderato ripensamento dell’assetto urbanistico ed architettonico della città.
L’occasione rappresentata dalla disponibilità dei fondi PNRR, era un prezioso stimolo perché la comunità potesse realizzare la fuoriuscita da una stagnazione della qualità non solo dell’ambiente costruito, ma anche della vita sociale ormai palesemente ridotta a casuale incontro di residenti chiusi nei propri privati rifugi.
Il progetto propone sostanzialmente un intervento di semplice manutenzione straordinaria generato dal degrado della lastricatura, e tutto l’intero progetto soffre di questa visione corta che rivolge lo sguardo solo dove si posano i piedi o le gomme e che crede di risolvere il tributo a temi importanti come acqua, verde o infanzia e socialità, con frettolose citazioni e presenze poco più che simboliche.
La visione complessiva che se ne trae è che ci si trova davanti ad un luogo che è essenzialmente una grande superficie lastricata, dotata di una vegetazione removibile e di “isole funzionali”, anche queste pronte allo smontaggio e riposizionamento, il tutto appunto “funzionale” ad altro, un luogo di transito o sosta di pertinenza, in un percorso in entrata ed uscita di clienti dai negozi, di spettatori del palio, di fedeli dei luoghi di culto, di utenti degli uffici pubblici, di avventori di bar o ristoranti, ma non di frequentatori con il piacere di esserci per la piacevolezza dello spazio in sé. Al contrario giovani, bambini, adulti ed anziani frequentano giardini pubblici in quanto luogo. “Andiamo in piazza” si diceva una volta.
Dunque luogo senza una sua attrattività, decoroso e confortevole per il tempo sufficiente per un passaggio.
Un luogo privo di una sua anima, che non è attrattore di per sé.
Un luogo che la committenza non ha pensato della dignità di un Bene culturale da inserire, come investimento, in un Patrimonio cittadino tutto da costruire con i fondi del PNRR
In questo senso c’è da dire che la stessa posizione del Partito Democratico è assimilabile a questa visione della piazza come mero aggregato di funzioni e non come opera dell’ingegno creativo di Arte, Architettura e Design che sole sono in grado di garantire quel centro, quel significato ulteriore che trasforma il manufatto materiale in Bene culturale collettivo. Il tema della rigenerazione urbana, sociale e culturale non può essere la sommatoria finale di meno transito veicolare, aggiunta di Palio, più Mercato, enumerazione di componenti di arredo, verde e servizi e l’intervento dell’arte come accessorio decorativo secondario.
Il punto cardine di tutta la vicenda del progetto di riqualificazione di piazza Mazzini approvato dall’amministrazione comunale è individuabile nelle linee guida emanate dalla stessa, che già rivelano la visione e l’intendimento della committenza e che non potevano non essere recepite dai partecipanti al bando: tutto quello che segue a valle è conseguenza di una visione e scelta di chi amministra.
1 – La visione alla base delle linee guida dell’amministrazione
Se i fondi PNRR vengono concessi per “Progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale”, c’è da dire che nel caso in questione ci troviamo in presenza di un semplice intervento di manutenzione straordinaria di infrastruttura.
Questo prima di tutto è palese dagli importi dei lavori dove solo il 20% (400.000 €) è dedicato a verde ed arredo urbano, il restante (1.520.000 €) in gran parte nella pavimentazione ed il resto in servizi, cioè in opere che sono classificate dal codice nazionale degli appalti come opere infrastrutturali per mobilità e impiantistica, essendo stata scartata deliberatamente la ben più pertinente categoria di “opere di riqualificazione paesaggistica e ambientale di aree urbane”, come evidenziato in questo magazine nell’articolo dedicato al progetto Abacus.
Al di là della riconferma dell’area a vocazione commerciale, luogo di svolgimento del Palio e relativa pedonalizzazione, emerge nelle indicazioni della giunta e poi nel conseguente sviluppo progettuale lo sfondo culturale di riferimento: “Recupero e valorizzazione della memoria storica. Cos’era il nostro ambito”.
Ormai da tempo è calata sulla città una cupa atmosfera che vorrebbe riproporre per l’intera comunità valori identitari che in realtà sono coltivati solo nella nostalgia e nei ricordi personali di parte di una generazione non più giovane. Come già espresso nell’idea proposta da Progetto Bastia siamo di fronte ad una sostituzione della Storia con la memoria, personale, biografica, generazionale. Ed ecco che immancabilmente rispuntano le Tre Cannelle, le tre chiese e le foto ingiallite che anni fa facevano bella mostra di sé nelle scale del municipio e da ultimo, nella frustrazione per l’assenza di un blasonato passato mai avuto, si assiste ad imbarazzanti “cene rinascimentali” ed alla nobilitazione dei vecchi cari vicoli, con l’appellativo di “Borgo antico dei Baglioni” nel quale nessuno dei residenti ha mai pensato di abitare.
Questo è il cosiddetto “ambito storico” illustrato dall’ing. Serafini nella presentazione del progetto, che va tenuto sullo sfondo come segno di riferimento, questa la prospettiva che offre l’amministrazione ai propri concittadini ed alle nuove generazioni. La storia è ben altro e ben altro il compito per una seria “rigenerazione urbana e riduzione dell’emarginazione e del degrado sociale” .
Quando la finiremo da un lato di rimpiangere e voler restaurare il bel tempo che fu e dall’altro di demolire opere degne di salvaguardia e rendersi conto una volta per tutte che a Bastia tocca di ricostruirsi la sua anima nella contemporaneità dell’oggi? Un suo spessore, una sua dignità sociale e culturale collettiva?
Quando cominceremo a vedere che nello spirito del Palio non alberga solo la competizione rionale, ma ferve quello stesso principio di creatività che muove l’arte e la tensione progettuale? E che questa nascosta pulsione, potente specialmente nei giovani, deve essere il reale, serio, autentico motore per una costruzione dell’ambiente urbano che finalmente guarda al mondo e non rimane chiusa nei suoi “vicoli ciechi”?
Le componenti di progetto
2 – La pavimentazione
È da questa prospettiva quindi che si spiega anche la stessa propensione all’utilizzo di materiali ritenuti di qualità, nobili e di prestigio, la pietra, perché molto più vicina al tempo che fu, all’antico di cui qui non c’è più traccia ed all’esclusione di materie che la moderna tecnologia mette a disposizione per l’audacia di progetti artistici ed architettonici che altrove fanno parlare di sé.
È proprio questa scelta infatti che condiziona e genera una serie di conseguenze dannose non solo per una rigenerazione complessiva dell’area, che non può esaurirsi nella ripavimentazione, ma anche per le attività economiche che si troveranno in difficoltà per la prolungata durata del cantiere.
Nella nostra proposta di Galleria Mazzini a cielo aperto di arte, architettura e design abbiamo esaminato, ed anche proposto agli amministratori, altri materiali utilizzati in piazze firmate da prestigiosi autori. Ovviamente si sono addotte, a giustificazione del rigetto della proposta, oltre la totale divergenza valoriale, anche motivazioni di natura tecnica. Tra questi materiali, abbiamo citato le lastre in cemento autobloccante, ed il calcestruzzo di cui abbiamo dato esempi di prestigio come la Piazza Superkilen a Copenaghen di Biarke Ingels o Piazza degli Alpini dello Studio Capitanio a Bergamo.
È a tutti evidente di quanto possa essere meno impegnativa in termini di durata dei lavori e costi l’uso di tali materiali, moto più duttili per qualsivoglia idea di progetto, rispetto alla lastricatura in pietra.
Ebbene poche settimane dopo questa esclusione ci siamo trovati di fronte al progetto dello studio Stradivarie per via Roma che ha previsto per la carreggiata stradale anche l’utilizzo di “calcestruzzo scopato carrabile”.
La conseguenza di questa scelta è che il conferimento della stragrande maggioranza delle risorse sulla pavimentazione impedisce qualsiasi altro intervento di natura architettonica o artistica necessario non solo sul piano orizzontale con arredi, verde ed opere d’arte, ma anche su quello verticale delle pareti cieche come già suggerito nel concept dell’Università e che noi abbiamo abbondantemente sviluppato nella nostra proposta.
3 – Le isole funzionali e il percorso attrezzato
Legenda
1) isola funzionale p.za Cavour | 2) iso. funz. p.za Mazzini, area opposta Chiesa S. Croce | 3) iso. funz. “Largo Bar Italia” | 4) percorso pedonale attrezzato | 5) portale artistico Porta Romana | 6) portale artistico Porta Bettonese
Tutto l’arredo urbano consiste in isole funzionali e percorsi pedonali.
Le isole funzionali sopra indicate sono sostanzialmente pedane rialzate. L’ipotesi per “Largo Bar Italia” prevede un allestimento con sedute e tavoli ricavati come corpo stesso della pedana. In misura ridotta l’isola sul lato opposto della chiesa di S.Croc ripete lo stesso criterio. Per p.zza Cavour le sedute formano un’unica gradinata a tribuna antistante un piano rialzato a mo’ di spazio scenico-teatrale. Vi sono previsti panche e tavoli in lamiera piegata di corten. Gli interventi sono completati da vegetazione rampicante su pergolato a copertura dell’area, o da arbusti o alberature a basso fusto, ma di questo se ne parla più avanti.
I percorsi pedonali sono essenzialmente coperture a verde rampicante o tendostrutture a vela. Anche di queste ultime parliamo più avanti. Qui le sedute sono in lamiera piegata di corten o in monoblocchi in pietra (questo appare dalle immagini) e i tavoli sempre in corten, il tutto in ordine sparso lungo il tragitto. L’intento dichiarato di questo intervento è la riproposizione in chiave odierna della memoria dei giardini privati che sia affacciavano sullo spazio pubblico fino agli anni 60 del secolo scorso: memoria e ricordi.
La sensazione che si ricava dall’insieme di queste opere è quella di cui si è detto in premessa: aree di sosta lungo un percorso che porta altrove.
È da riconoscere tuttavia l’interessante intuizione dello spazio per rappresentazioni in p.zza Cavour. Il punto è che quegli spettacoli temporanei che dovrebbero svolgersi nel piccolo piano scenico, trasposti in altri ambiti artistici e progettuali (arte ecc.), dovrebbero essere trasformati in un vero e proprio spettacolo permanente di opere il cui livello costituisce la reale specificità ed attrattività del luogo: un attrattore permanente in quanto bene culturale di alta qualità e non platea vuota in attesa di eventi a venire.
Prog. StudioAbacus, isola funzionale p.za Cavour, presentazione del 15/09/22 Prog. Studio Abacus, iso.funz. p.za Cavour, present. del 28/10/22 Prog. Studio Abacus, iso. funz. “Fap Foto”, present. del 15/09/22. Era prevista anche un’altra versione con tensostruttura a vela Prog. Studio Abcus, iso. funz. “largo Bar Italia”, present. del 28/10/22 Prog. Studio Abacus, percorso p.za Cavour-p.za Mazzini, present. del 28/10/22 Prog. Studio Abacus, percorso p.za Cavour-p.za Mazzini, pres. del 15/06/22
4 – La copertura con tensostruttura
Questa versione della copertura di isole funzionali e percorsi è stata presentata il 15 settembre come opzione alternativa ai pergolati con rampicanti. Non è dato sapere quindi se l’omissione nel consiglio comunale del 28 ottobre significhi una scelta definitiva per quest’ultima versione. In ogni caso la proposta di vele triangolari tese tra sostegni in acciaio risulta essere la riproposizione nel contesto bastiolo, di altro progetto dello stesso studio Abacus per piazza Berlinguer a Monsummano Terme inaugurata nel 2012. Di nuovo un riadattamento di materiali e allestimenti che non hanno un’originalità tale che possa caratterizzare il luogo con una sua specificità. Ne risulterebbe piuttosto che un percorso urbano, una struttura da stand fieristico all’aperto e anche qui con la forte sensazione di imminente smobilitazione e temporaneità come appunto sono le fiere.
Prog. Studio Abacus, posizionamento vele, present. 15/09/22 Prog. Studio Abaus, percorso coperto con vele, p.za Cavour-p.za Mazzini, psent. 15/09/22 Monsummano Terme, p.za Berlinguer, postazione coperta con vele, prog. Studio Abacus
5 – Il verde
Il tema del verde è trattato all’interno della riduttività generale che contraddistingue ogni componente diversa dalla pavimentazione. Non siamo difronte ad un progetto che ha, tra gli altri scopi, quello di dotare lo spazio urbano di una confortevole presenza arborea, ma questa si riduce a temporanea ornamentazione vegetale più di natura condominiale o da giardino privato che alberatura di spazio urbano. Non può esserci serio inserimento del verde nello spazio pubblico, se le piante non sono radicate a terra, se non c’è presenza di suolo anziché di terriccio da invaso. Tutta la vegetazione, stando alle immagini di progetto, arbustiva o rampicante, da pergolato o da allestimento decorativo-scenografico, vegeta infatti in contenitori poggiati sul lastricato, singoli per i rampicanti e modulari nel caso delle isole funzionali. Dalla vicina S. Maria ad altri esempi riportati nelle nostre ricerche, la qualità del verde è legata alla messa a dimora su terreno e non su contenitori. Abbiamo già visto la fine che hanno fatto i contenitori introdotti nel passato, quelli rimasti, il costo per irrigazione e manutenzione e l’esito finale di trasformazione in comodi raccoglitori per rifiuti.
Ambientazione domestica dunque e non spazio urbano che si connota per una significativa presenza di vita vegetale che bilancia la massa del costruito.
Prog. Abacus, contenitori per rampicanti nel percorso p.za Cavour-p.za Mazzini S. Maria degli Angeli, p.za Garibaldi, pergolato coperto con glicine, prog. Studio Signorini, 2004
S.M.d.Angeli, partiparticolare, p.za Garibaldi, radicamento al suolo delle piante del pergolato, prog. Studio Signorini, 2004 S.M.d.Angeli, particolare di aiuola con tre alberi di basso fusto radicati al suolo, prog. Studio Signorini, 2004 Cagliari, p.za S. Michele, VPS architetti, 2017 Garbagnate MIlanese, p.za Giardino di via Monviso, studio DAP, 2019 Bastia U., p.za Mazzini, “Largo Bar Italia”, particolare contenitore per vegetazione in cemento
6 – L’acqua e la rimozione della storia
L’esempio clamoroso della sostituzione della Storia con la memoria personale è dato dal tema dell’acqua.
Se c’è una cosa che costituisce la peculiarità del sito bastiolo, è proprio la sua natura idro-geologica che è stata nel corso di millenni il motivo di insediamenti storici, di sfruttamento e sviluppo economico. È nello stemma del comune che è marchiato quel “chi siamo” così spasmodicamente bramato dai cultori dell’identità: città d’acqua, Insula, costruita su lembi di terra che sono affiorati da bacini di acque, prima salmastre e poi dolci, da lontane ere geologiche fino al II sec. a.C. con i primi insediamenti e poi via via allargatasi su terre sempre più libere fino ad essere soltanto città alla confluenza di due fiumi.
Non è troppo poco lo zampillo di tre getti d’acqua per dar conto di questa specificità? Non andava trattato in ben altro modo una così interessante origine, non solo per i residenti? Nella nostra proposta abbiamo illustrato alcune possibilità.
A questo proposito, a testimonianza di questa grave rimozione, e a conferma della cultura del “come eravamo” nei nostri ricordi, sono le recenti opere di messa in sicurezza degli alvei di Tescio e Chiascio. Stiamo nascondendo al nostro sguardo questo primordiale paesaggio, ormai occultato per ampi tratti dalla nostra vista, da paratie e dossi di sicurezza. Cari amministratori ancora una volta mostrate che l’esercizio della condivisione prima della decisione è deliberatamente ignorato. Non è proprio possibile coniugare sicurezza e paesaggio? Ma anche qui torneremo.
Prog. Studio Abacus, le Tre Cannelle nel progetto Abacus Prog. Studio Abacus, le Tre Cannelle nella prospettiva della Chiesa S. Michele
Via Insula Romana, canale di derivazione dal Chiascio, la “Forma del mulino”, alimentava il molino già dal 1600, foto primi ‘900Le Tre Cannelle, foto anni ’30 Lo stemma di Bastia Umbra: isola circondata dalle acque
7 – La piazza e l’infanzia
I tratti del quadro di riferimento che abbiamo esposto, si ritrovano anche impressi nello spazio pensato per i bambini. Sul lato opposto al sagrato di S. Michele i giovanissimi bastioli potranno dilettarsi con i vecchi giochi dei bisnonni, grazie alla riproduzione a terra di una scacchiera da dama e dello schema del gioco della campana: “… giochi che si facevano una volta sulle strade …”, così sono stati presentati nel corso del consiglio comunale aperto del 28 ottobre. Non è concessa, di nuovo, l’ideazione di giochi originali e di uno spazio degni dell’esuberanza infantile, ma il tutto deve essere contenuto, nei comportamenti e nella piatta superficie della pavimentazione, unico vero collettore dell’impegno economico. Mai innovazione, solo clonazione dell’eterno passato.
8 – Le porte
In tutto questo panorama c’è comunque da riconoscere un reale guizzo che va nella direzione da noi auspicata. I portali artistici di Porta Romana e Bettonese, sono un effettivo segno connotativo di spessore che noi stessi abbiamo raccolto nella nostra proposta allargandolo anche agli altri 3 ingressi al centro storico.
Unico appunto è che magari le opere anziché “.. ispirate a quelle di un artista francese ..” (Bernar Venet) siano commissionate ad artisti scelti da una commissione di livello, tra un gruppo preventivamente selezionato in ambito non solo nazionale. Perché Bastia merita solo copie e non originali? Perché se il budget disponibile viene tutto indirizzato sulla lastricatura a terra, non rimane altro per opere artistiche se non la duplicazione, la replica come accade anche per il passato che ispira il tutto.
Nel caso delle opere proposte ci troveremmo ad una replica, in grande, di strutture già presenti nella zona industriale de La Paciana a Foligno dove vengono utilizzate come supporti per cartellonistica pubblicitaria.
9 – Inclusività e sostenibilità
Nel progetto non viene fatta menzione né posta attenzione sulla conformità delle opere all’accessibilità per persone con disabilità motorie (come si arrampicano sulle pedane le persone in sedia a rotelle?), sensoriali (perché in via Roma è prevista un percorso tattilo-plantare per non vedenti e nella tanto proclamata “piazza per tutti” no? Per inciso, ecco a cosa servono i concorsi di idee, noi stessi confrontando il progetto Abacus e gli altri da noi selezionati in questo primo numero della rivista, con quello Stradivarie per via Roma, abbiamo colto questa utile integrazione prima sfuggita), e tanto meno comportamentali.
Ancor meno si è presa in considerazione l’ingresso della cosiddetta mobilità dolce in piazza Mazzini: la pista ciclabile progettata per via Roma si ferma davanti al Cinema Esperia, ma in questo vi è un’assoluta coerenza perché quella prevista tutto è meno che una pista ciclabile. Ma questo è un altro tema che presto affronteremo.
Progetto Studio Stradivarie per realizzazione pista ciclo-pedionale in via Roma, 2022. Particolare percorso per non vedenti . Legenda: 1) pavimentazione tattilo-plantare in calcestruzzo a indicare “rettilineo”. 2) pavimentazione tattilo-plantare in calcestruzzo a indicare “pericolo valicabile”.